VINCENZO CIMAGLIA

Cimaglia 3

«Addi 16 ad ore 7 e nato un infante figlio di don Orazio Cimaglia di Foggia e donna Grazia Abbenante dell’Apricena di nome Vincenzo Giuseppe Francesco Luigi». Alcune schede trovate nella Sezione Militare dell’Archivio di Stato di Napoli riportano la seguente carriera militare del nostro autore:
        – Cominciò a servire da Guardiamarina a. 22.7.1764
        – Brigadiere della Guardiamarina a. 9.4.1779
        – Alfiere di Vascello a. 1.7.1779
        – Tenente di Vascello a. 17.3.1780
        – Capitano di Fregata Graduato a. 17.8.1790
Nulla sappiamo della sua adolescenza ma dobbiamo ritenere che essa sia stata influenzata dal benessere e dalla nobiltà della sua famiglia. Dalle Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia raccolte dal Conte Berardo Candida Gonzaga rileviamo addirittura la presenza di monumenti di famiglia in Napoli nelle Chiese di S. Lorenzo Maggiore e di S. Agostino e in Foggia in quelle di Gesù e Maria e di S. Giovanni. Ed e proprio in Napoli, dove dovrebbe essersi trasferito con i familiari sin dalla tenera età, che Vincenzo Maria Cimaglia ha compiuto gli studi non soltanto umanistici dato che in una nota riportata nella seconda edizione dei suoi Saggi teatrali analitici egli ricorda il suo maestro di matematica sig. Caravelli. All’età di 16 anni abbiamo la prima produzione dell’autore, una canzonetta intitolata A Clari, la viltà del trionfo scritta «per tema avutone dai Pastori Ereini, di cui era membro il gran Metastasio». Otto anni dopo Vincenzo Cimaglia fu invitato a scrivere una palinodia della canzonetta Il disincanto del trionfo – A Clori nella quale in una nota egli si scusa «per lo svolgimento forzato e non interamente chiaro di alcune immagini». 

Le considerazioni da trarre dopo la lettura di questa seconda canzonetta sono le stesse gia enunciate sopra. Il poeta sembra effettivamente costretto alla compilazione di queste canzonette per un «ordine superiore». Ed infatti dal sottotitolo e dalla dedica alla Traduzione della prima lettera d’Orazio, altra opera giovanile dell’autore, si evince la sua appartenenza all’Accademia degli Ereini. Cosa che, comunque, non ha ricevuto conferma dalle ricerche effettuate in merito consultando diversi elenchi di Accademie d’arte. «Per solennizzare le nozze degli Eccellentissimi Signori Andrea Colonna principe d’Aliano e Cecilia Ruffo dei duchi della Bagnara», Cimaglia scrisse «Il trionfo d’amore», cantata epitalamica a tre voci, rappresentata nel 1777 nella Sala del Real Palazzo di Palermo. Ultima cosa da notare e che, con «Il trionfo d’amore», abbiamo la prima data certa di una rappresentazione di una sua opera. E veniamo alla sua prima commedia «Al fatto non v’e rimedio», scritta a Cadice nel 1781. Lo stesso autore, nella sua lettera all’editore, ci dice che essa fu tratta da un fatto veramente accaduto. La commedia, tradotta nell’idioma spagnolo da Jovellano, piacque molto sul teatro di quella nazione e fu più volte replicata. Quattro anni dopo, siamo nel 1785, Vincenzo Cimaglia, ritornato in Italia, vi apportò dei cambiamenti per avvicinarla al gusto dei connazionali e cosi ridotta ha sempre avuto un buon successo in quasi tutto il nostro Paese. La seconda delle sue commedie, come si evince dalla stessa affermazione dell’autore nella lettera all’editore, e la commedia di tre atti in prosa «I pazzi per le mode». Quest’opera nacque a bordo de! vascello spagnolo S. Ferdinando dove l’autore era imbarcato nel 1783 come componente dello Stato Maggiore. La commedia fu pubblicata molto più tardi e precisamente nel 1790 a Napoli presso D. Sangiacomo, con il sottotitolo «Comniedia scritta dal Sig. Vincenzo Cimaglia detto tra gli Ereini imeresi RETO PARTENOPEO napoletano». Dell’opera si conoscono altre due edizioni: Venezia, 1792 ed una terza, riveduta e corretta dallo stesso autore, nel tomo III dei «Saggi di diverse rappresentazioni teatrali». Nella prefazione a quest’ultima edizione Vincenzo Cimaglia parla di un quarto tomo dell’opera nel quale si riservava di inserire altre commedie ritenute degne di essere rappresentate. Ma il quarto tomo dei Saggi non fu mai scritto, forse per la sopraggiunta morte dell’autore. Nel 1787 nella Sala Reale della Reggia di Portici viene rappresentato «Il dardo», cantata pastorale a tre voci. Quest’opera fu musicata da Francesco Bianchi (Cremona, 1752 – Bologna 1811), operista di notevole fama che riportò successi in tutt’Europa. Vincenzo Cimaglia, ancora Tenente di Vascello, lo ritroviamo nel carnevale del 1790 a Montecorvino, un paese vicino Salerno, dove era stato mandato dalla Reale Marina per la vendita di alcune merci. Intanto, il 12 agosto 1790, era arrivata la promozione a Capitano di Fregata. Dello stesso anno e la pubblicazione delle sue Notizie fisiche – istoriche degli abitanti, antichità e prodotti naturali delle Americhe presso Vincenzo Orsino in Napoli. 

Questo libro ci testimonia i suoi lunghi viaggi e l’importanza che egli da alla navigazione come strumento di conoscenza e di sviluppo commerciale ed economico. Deduciamo, comunque, che l’autore era ancora in forza al distaccamento di Napoli poiché e proprio in questa città che nell’anno 1795 viene rappresentata, nel teatro del Real Fondo, un’altra sua commedia Una graziosa casualitù o siano le persone di ogni tempo. Commedia, questa, che incontrò sempre il favore del pubblico anche quando fu riprodotta nel 1805, dopo di che, non si sa come, fu portata in Francia e tradotta in forma di «vaudeville» in idioma francese. Sempre nel teatro del Real Fondo, l’anno successivo (1796), fu prodotta per la prima volta Il perdono per necessità che non ebbe molta fortuna: inizialmente quest’opera servi da farsa al dramma dello stesso autore Idomeneo rappresentato la stessa sera nel medesimo teatro. Di quest’opera none stata possibile la lettura perché vane sono risultate le ricerche effettuate presso varie biblioteche italiane. Altrettando dicasi per un’altra opera dell’autore, Vitige, di difficile collocazione temporale; di quest’ultima, pero, abbiamo alcuni versi tratti dalla I scena del secondo atto citati dal Cimaglia nei suoi Saggi teatrali analitici. Ritornando alla farsa Il perdono per necessità, non avendo riscosso successo, fu trasformata dall’autore in commedia di due atti in prosa e rappresentata a Napoli nel 1804 nel teatro di Ponte Nuovo e l’anno seguente durante il carnevale a Roma. Anche queste due rappresentazioni non ebbero il successo sperato. L’anno 1802 e quello della pubblicazione in Napoli presso San Giacomo del secondo dramma del Cimaglia, Talestri. Nell’aprile del 1803 fu rappresentata per la prima volta nel teatro dei Fiorentini la commedia L’inganno reciproco di un atto in prosa. Essa fu, a detta dell’autore, più volte replicata, riscuotendo molto successo, in varie parti d’Italia. Nell’inverno dcl 1804 Vincenzo Maria Cimaglia terminò di scrivere Tomiri, tragedia di cinque atti in versi. L’anno successivo, nel 1805, fu rappresentata nel teatro della città di Foggia Dovea andar cosi, commedia di un atto in prosa, che a differenza della precedente esperienza, ebbe molto successo. La produzione teatrale diCimaglia si conclude con la pubblicazione a Napoli, nel 1809, del suo dramma L’allievo d’amore di quattro atti in prosa econ la pubblicazione del dramma ,Vittoria o siano gli effetti della disubbidienza al padre di cinque atti in prosa. Dalla consultazione degli Almanacchi Reali, conservati presso la Sezione Militare dell’Archivio di Stato di Napoli, riscontriamo il suo nome in tutto il decennio 1810 – 1818. Purtroppo sono andati perduti gli Almanacchi che vanno dal 1819 al 1828 ed in quello del 1829 il suo nome non viene riportato. Dalla prefazione da lui scritta al suo Trattato si evince che alla data delle pubblicazione di quest’opera (1820) egli fosse ancora in vita. Per logica deduzione dobbiamo, quindi, ritenere che Vincenzo Cimaglia sia scomparso tra il 1821 ed il 1828.