Giuseppe Pisani

via Giuseppe Pisani (ex via Adige)

Trovasi quasi al termine della patte alta della scalinata di via Deputato Petrone, congiungendosi con via Barbacane. L’amministrazione comunale ha voluto onorare con questa intitolazione la memoria di un grande benemerito della storia della Diocesi e della città di Vieste. Dall’atto di battesimo si apprende che ”A dì 11 de febbraio 1640 Giosep Sabbino, figlio legittimo et naturale de Sebastiano Pisano et Lonarda Ignes è stato battezzato da me d. Lorenzo di Donnangelo, arciprete vestano. II padrino è stato il padre fra Eliseo Riccio, priore del convento della Madonna del Carmine con licentia dell’ill/mo e rev/mo Vescovo frate Ambrosia Palomba. Nacque alli 9 di,detto mese. Non si conoscono quali erano le condizioni della famiglia, senz’altro dovevano essere alquanto agiate e inoltre, come ebbe a scrivere d. Mario Dell’Erba, “avendo avuto padrino di battesimo il priore carmelitano, fa supporre che sia venuto alla luce in una famiglia di sentita fede cristiana. Intraprese giovanissimo la vita sacerdotale e si laureò dottore in utroque iure (in diritto civile ed ecclesiastico). Apprezzato per la sua perspicacia e per la sua cultura, a 24 anni fu eletto Arcidiacono dal Capitolo della Cattedrale di Vieste, incarico che tenne per circa 40 anni. Alla morte del vescovo Kreayter de Corvinis (1701) ebbe a diriger la Chiesa fino all’arrivo del nuovo Vescovo, Giovanni Antonio Ruggieri, che lo volle suo Vicario Generale. Incarico questo che assolse solo per poco tempo, perché la morte lo colse all’età di 63 anni il 24 novembre 1703. Fu un personaggio di grande talento, scrupoloso e sagace amministratore ed avveduto difensore dei beni e dei diritti della Chiesa. Presiedette il Capitolo per circa sessanta assemblee, le cui deliberazioni sono fonti preziose per la storia dello stesso Capitolo, dello stato della Cattedrale e della città di Vieste.

Visse in un periodo in cui prevalsero grandi calamità, terremoti, malattie, fame e guerre, e in cui si risentivano ancora gli echi dell’eccidio perpetrato da Dragut. A suo merito bisogna riconoscere l’aver trascritto di proprio pugno la Platea, cioè l’inventario di tutti i beni mobili e immobili, censi, entrate, obblighi e pesi di messe e di tutte quelle altre notizie sulle mansioni del Capitolo, che erano andati distrutti dai barbareschi di Dragut e da altre cause (incendi e terremoti). La sua fu una ricerca meticolosa e attenta fra antichi inventari e apprezzi, risalenti al 1564, 1587 e fra registri vari fino al 1600. Inoltre nella stessa Platea, inserì una prezioso Cronica e memorie di Vieste dall’anno 1664 all’anno 1700, riportando avvenimenti, personaggi, luoghi e momenti culturali che caratterizzarono quel periodo non solo Vieste, anche la Provincia e il Regno d1 Napoli e i momenti stonrici più significativi dell’Europa. Richiesto con urgenza dal sindaco Leonardo Salvati, che tentava di mettere ordine nel Decurionato, che trovavasi “in gran confusione, riguardo al suo stato politico” in una sola nottata, trascrisse gli Statuti della città, cioè la raccolta delle leggi municipali consuetudinarie, degli usi, costumi e tradizioni di Vieste “essendosi perduti i suoi privilegi e le sue antiche scritture, e per essere stata tante volte distrutta la Città”.