Abbazia di Pulsano

A nord di Manfredonia sul monte Gargano, come a sentinella del Golfo, domina l’antica e mistica abbazia di Santa Maria di Pulsano. La sua origine risale al 591 d.C., allorquando il duce Tulliano di Siponto la fece costruire su incarico del monaco-papa San Gregorio Magno, sui resti di un antico tempio pagano dedicato all’indovino Calcante. In quel tempo, la badia era sicuramente circondata da una rigogliosa macchia mediterranea, poi in seguito deforestata. Edificata nel 591, sui resti di un antico tempio oracolare pagano dedicato a Calcante, fu affidata ai monaci dell’ordine di Sant’Equizio abate. Poco note sono le vicende storiche fino al XII secolo quando, nel 1129, l’intervento di san Giovanni da Matera e della sua Congregazione Pulsanense la fece risorgere dal grave stato di abbandono in cui versava, fondando l’ordine monastico autonomo dei poveri eremiti pulsanesi.

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Nel 1177 fu ultimata la costruzione della chiesa abbaziale dedicata alla Santa Madre di Dio, il cui altare, sotto il quale furono poste le spoglie di san Giovanni da Matera, abate morto nel 1139, fu consacrato dal papa Alessandro III in pellegrinaggio sul Gargano. Al termine del XIV secolo, durante il pontificato del papa Martino V, l’Ordine Pulsanense si estinse e i superstiti passarono all’Ordine benedettino, rinunciando alla regola di San Giovanni abate. Nel XV secolo furono i celestini a prendersi cura dell’abbazia, tutelandola dalle pretese dei signori locali, L’abbazia fu comunque   affidata  ad  un  cardinale  commendatario  che  l’amministrava  da Roma. Tra i celestini è da ricordare il monaco garganico Ludovico Giordani  che da abate  costruì due altari laterali nella chiesa abbaziale di Pulsano, oggi distrutti, e il 

monastero dei Celestini in Manfredonia. Nel 1646 fu danneggiata da un violento terremoto che travolse l’archivio e la biblioteca. In seguito furono i Celestini di Manfredonia a reggere Santa Maria di Pulsano sino all’emanazione delle leggi napoleoniche del 1806. Giuseppe Bonaparte soppresse definitivamente la presenza di un ordine monastico e autorizzò i fittuari dei beni a ritenere in enfiteusi i pagamenti. Nel 1842 il sacerdote montanaro Nicola Bisceglia riceve ufficialmente in enfiteusi dal Demanio il complesso del protomonastero pulsanense per “sottrarlo all’abbandono e agli atti vandalici dei pastori e pecorai”, ad eccezione della chiesa soggetta alla giurisdizione dell’Ordine diocesano. Nel 1966 è stata trafugata la pregevole e venerata icona della Madre di Dio di Pulsano, non ancora ritrovata, opera di quella scuola bizantino – italiana, detta dei “Ritardatari”, fiorita in Puglia nel XII e nel XIII secolo. L’abbazia è circondata da vari eremi i quali venivano utilizzati come abitazione. Spesso  per accedere  a  questi  gli  eremiti  erano  costretti ad utilizzare corde  o scale. Finalmente nel 1997, grazie anche all’interessamento dell’arcivescovo Vincenzo D’Addario, la chiesa abbaziale è stata riaperta al culto pubblico e vi è stata fondata la comunità monastica di Pulsano, di diritto diocesano, birituale: latina e bizantina. Oggi, grazie anche al contributo e alla concreta collaborazione di numerosi cittadini, presenta una comunità attiva ed attenta alle esigenze spirituali del nostro tempo. Edificata sui resti di un antico edificio pagano, l’Abbazia di Santa Maria di Pulsano, poco lontana da Monte Sant’Angelo , è una scenografica struttura in pietra, cinta da possenti mura perimetrali, tra rocce grigie e  strapiombi profondi oltre 200  metri. Costruita  in stile romanico nel 591 ,  la chiesa è stata ricavata da una

grotta naturale, che funge da abside e all’interno si rivela a navata unica con volta a botte, interrotta da grandi archi trasversali. Lateralmente, due settori della grotta ospitano la tomba dell’Abate Giordano e un altare inglobato in una piccola costruzione in muratura dal tetto spiovente. All’esterno dell’Abbazia è ancora visibile parte di una fontana, considerata un fonte battesimale o un tempietto, costruita per il ristoro dei pellegrini, e numerosi eremi, spesso accessibili solo attraverso scale e corde. Oggi nuovamente fruibile dopo i lavori di restauro, l’abbazia è il teatro della caratteristica festa dell’8 settembre, quando i fedeli partono in corteo da Monte Sant’Angelo, raggiungendo il complesso a dorso di muli. Costruita nel VI secolo sul colle di Pulsano per volere del papa-monaco San Gregorio Magno, inserita in uno scenario di rocce grigie su strapiombi di oltre 200 metri, l’Abbazia è stata nei secoli luogo di monaci, anacoreti e cenobiti che si sono dedicati alla contemplazione e all’ascesi. Intorno all’edificio si trovano numerosi eremi (per ora ne sono stati censiti 24), alcuni dei quali ubicati in luoghi davvero inaccessibili. Gli eremiti che abitavano queste celle erano senz’altro in comunicazione tra di loro, dal momento che alcuni eremitaggi erano dedicati alla vita comunitaria (di culto e di abitazione) e al lavoro collettivo (un eremo è stato persino adibito a mulino); inoltre gli eremi – alcuni dei quali sono affrescati – sono collegati da una rete di sentieri e scalinate e da una vera e propria rete idrica di canali scavati nella roccia per convogliare le acque. Il sito ha visto incursioni saracene e il passaggio di diversi ordini monastici fino all’abbandono nel 1969, che ha portato a un progressivo degrado degli eremi e a un processo di grave depauperamento artistico dell’Abbazia, a causa di furti di ignoti e atti vandalici. Nel 1997, la chiesa abbaziale è stata riaperta al culto pubblico e vi è stata fondata la comunità monastica di Pulsano. Oggi i monaci con costanza e passione si prendono cura degli eremi e ne garantiscono – laddove possibile data l’ubicazione non sempre di facile accesso – la fruizione; gli eremi sono però numerosi e alcuni necessitano di interventi mirati di recupero e manutenzione. Grazie alla mobilitazione messa in atto dai monaci, gli Eremi hanno raggiunto il primo posto al 5° censimento I Luoghi del Cuore del 2008, grazie alla raccolta di 34.118 segnalazioni. 

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L’ultimo eremita di Pulsano, detto “u moneche Peluzene” fu un certo Francesco Lo Russo di Monte S.Angelo, morto nel 1957 negli Ospedali Riuniti di Foggia. Mi raccontavano i miei nonni paterni e mio padre al secolo “i Marascialle”, proprietari di terreni agricoli e allevatori in zona “sotta Pulezene” (sotto Pulsano), che spesso l’eremita Lo Russo scendeva a valle dall’abbazia e si recava presso i casolari nel vallone di Pulsano abitati da famiglie contadine, fino agli inizi degli anni ’50, dove con molta discrezione chiedeva qualcosa da mangiare trovando sempre benevole accoglienza. L’ultimo eremita di Pulsano, detto “u moneche Peluzene” fu un certo Francesco Lo Russo di Monte S.Angelo, morto nel 1957 negli Ospedali Riuniti di Foggia. Mi raccontavano i miei nonni paterni e mio padre al secolo “i Marascialle”, proprietari di terreni agricoli e allevatori in zona “sotta Pulezene” (sotto Pulsano), che spesso l’eremita Lo Russo scendeva a valle dall’abbazia e si recava presso i casolari nel vallone di Pulsano abitati da famiglie contadine, fino agli inizi degli anni ’50, dove con molta discrezione chiedeva qualcosa da mangiare trovando sempre benevole accoglienza. L’8 settembre ricorre la festività della Madonna di Pulsano: i fedeli partono da Monte Sant’Angelo e raggiungono l’abbazia sul dorso di muli. Dal 1991 si è costituito il Movimento “Cristiani Pro Pulsano” associazione di volontariato formata da cittadini che si prefigge di mantenere viva la memoria storica dell’antica Abbazia di Pulsano. Nel mese di agosto presso il monastero si tiene un Corso pratico d’iconografia. Il monastero ha anche una foresteria per ospitare un numero limitato di pellegrini per brevi periodi di ritiro.