stemma di Vieste

Conoscere le origini di uno stemma e il suo significato intrinseco dell’arma rappresentata non è cosa semplice e non sempre gli stessi studisi di araldica sono d’accordo fra loro. E’ opinione generale, comunque, che gli stemmi e le insegne erano già utilizzati dai Greci e dai Romani. Ma l’uso vero e proprio risale al XII secolo, quando i feudatari riportavono i propri simboli sulle bandiere, sugli scudi e sulle armature dei soldati per essere distinti dai nemici e dagli alleati. Inoltre usavano anche un sigillo con identico simbolo per contrassegnare, identificare, legalizzare e convalidare gli stessi atti. Purtroppo non si hanno documenti che possano attestare da quando fu adottato lo stemma di Vieste, certamente bisogna pensare a tempi immemori e che nel corso dei secoli  dovette subire  anche variazioni o adattamenti. Lo stemma di Vieste rappresenta un leone rampante su scudo, oro su fondo azzurro, sormontato  da una corona (contea). Il nobile animale è rivolto a sinistra, proteso verso una stella, con una spada impugnata dalla zampa anteriore destra, mentre con quelle posteriori calpesta un arco con frecce. Il leone rampante è simbolo di potenza e di autorità, segno distintivo di regalità, ma è anche l’anelito verso la libertà e l’autonomia. Questo simbolo è ricorrente nell’araldica di Vieste, anche se a volte è mancante della stella, o della spada o dell’arco. Uno di questi stemmi, scolpito su pietra in bassorilievo, è presente in Cattedrale (se. XI), nella navata destra, incastonato nella parete soprastante il Crocifisso attiguo alla sacrestia. Questo fa supporre che sia stato inserito al momento della costruzione della Cattedrale, quando, cioè signore di Vieste era il conte Roberto Drengot, oppure fatto apporre da Federico II di Svevia quando fece restaurare la Cattedrale e il Castello nel 1240, dannegiati dai veneziani. Un altro leone rampante rivolto verso una stella, in rilievo su pietra, è depositato nel Castello. Altri due invece, simmetrici ed equidistanti da un San Michele Arcangelo, protettore del Gargano, sempre in rilievo, fanno bella mostra su una facciata di un palazzo cinquecentesco in via Seggio, che negli anni a seguire rappresentò la sede municipale del Decurionato. In un timbro ufficiale del Comune del 1807 è rappresentato nella parte destra sottostante al simbolo dell’aquila imperiale di Francia. L’attuale stemma che oggi campeggia sul labaro del Comune e sulle carte intestate non suscita molto entusiasmo a vesersi, perchè il leone è poco araldico e quel tipo di corona che lo sormonta, non trova alcun posto fra quelle dell’araldica.

Si tratta della riproduzione su un tondo di bronzo dello stemma di Vieste, rintracciato in numerosissimi documenti nell’Archivio di Stato di Napoli, e che è stato usato, nei documenti ufficiali, per tutto il Cinquecento e buona parte del Seicento, quando al leone venne aggiunto San Giorgio a cavallo, patrono del paese. Il leone rampante rappresentato su questo antico stemma è rimasto sostanzialmente identico fino ad oggi. Soltanto che nel Cinquecento impugnava un lungo spadone, mentre oggi soltanto uno spadino. In esso sostengo, basandomi soprattutto sull’esistenza a Vieste di quello che ritengo l’antico Municipio del paese, il cosiddetto Palazzo del Podestà, che lo stemma del nostro paese derivi direttamente dal Leone di San Marco di Venezia. Difatti questo Leone è rappresentato ben due volte su questo Palazzo, mentre ai suoi due lati difende e protegge San Michele, che rappresenta tutto il Gargano. Bisogna aggiungere che Vieste è stata sottoposta alla Repubblica Veneta per quasi un secolo, dalla fine del Quindicesimo Secolo, fin quasi alla fine del Sedicesimo. La scritta ai bordi della stemma VESTARUM CIVITAS significa “CITTA’ DI VIESTE”. Vieste quindi in latino è solo plurale, come Athenae-Athenarum. Infine la scritta sul cartiglio del Leone di San Marco rappresentato su quel balcone recita: “Pax tibi, Marce, Evangelista meus”, che è appunto la dicitura esatta del Leone Marciano di Venezia. Si deve ancora aggiungere che il leone veneziano con lo spadone (a preferenza del più classico col cartiglio) era dato alle città della Repubblica poste ai suoi confini come baluardi.